“IL NOSTRO EXPORT RALLENTA. L’ORTOFRUTTA POTREBBE FARE DI PIU’. MA LA POLITICA ASCOLTA LE IMPRESE?”

“Il nostro export va come il Pil: un passo avanti e due indietro. Il Pil doveva fare uno scatto dell’1,5% nel 2016; ma adesso le stime dicono che siamo già scesi all’1%. L’export doveva – obiettivi del Governo – fare 50 miliardi nel 2020. Ma le stime di Agrifood Monitor, nuova piattaforma lanciata da Nomisma e CRIF, è assai meno ottimista. “Se vogliamo arrivare al traguardo dei 50 miliardi di export agroalimentare entro il 2020 dobbiamo affrettare il passo, investendo maggiormente su mercati a più alto tasso di crescita economica come quelli asiatici: le nostre stime ci dicono infatti che, con lo scenario economico attuale, rischiamo di raggiungere l’obiettivo solo nel 2024”, afferma Andrea Goldstein, managing director di Nomisma.

“Dobbiamo aumentare la nostra presenza nei mercati extra-europei, dove oggi il nostro export alimentare pesa per meno della metà di quello francese o addirittura di un ottavo di quello statunitense” ribadisce Goldstein. “Possiamo farcela se riusciamo a combinare la buona reputazione che i nostri prodotti vantano in giro per il mondo con strutture aziendali che promuovano la crescita accelerata”.

Insomma la crescita del nostro export sta rallentando, la concorrenza estera è sempre più agguerrita/organizzata e sta erodendo quote sui mercati globali alle nostre imprese, che scontano i soliti limiti strutturali e organizzativi: la microdimensione e strategie di internazionalizzazione spesso frammentate. Non c’è solo Brexit a mettere in forse le stime del Governo, ma altri fattori di instabilità si aggiungono: dallo stallo in cui versano i negoziati per gli accordi di libero scambio (Ceta, TTIP), al rallentamento generale del commercio internazionale, dalla pressione concorrenziale di sempre nuovi competitor globali al cambiamento radicale di abitudini e stili di consumo dell’Occidente. Poi c’è un problema , come dire, di atmosfera generale, di clima complessivo: se si alimenta la sfiducia verso l’economia di mercato, se crescono le spinte protezioniste e isolazioniste, se il sentiment delle pubbliche opinioni viene indirizzato verso il rinnovato intervento dello Stato come strumento principe per far ripartire crescita e occupazione, mi dite voi come si può pensare di incentivare l’export, di creare un clima favorevole alla conquista di nuovi mercati? L’export è sulle spalle delle imprese, ma la politica, questo rinnovato intervento pubblico cui tutti si affidano, ascolta le imprese? L’ortofrutta ha le potenzialità per contribuire ancora di più al nostro export ‘verde’ però le imprese sono costrette come sempre a fare da sole, ad arrangiarsi. Mala-burocrazia, costo del lavoro, ministero latitante, conflitti Stato-Regioni, inefficienza di molte Regioni, mancanza di coordinamento sul fronte fitosanitario: tutto congiura a rendere difficile la vita delle imprese esportatrici di ortofrutta.

Basti pensare al Collegato agricoltura recentemente approvato dove è scomparso qualunque riferimento ai mercati all’ingrosso i cui progetti di rilancio vengono demandati al Piano nazionale della logistica in capo al ministero delle Infrastrutture. Giustamente è partita la protesta di Fedagromercati. “Auspichiamo – ha scritto Valentino di Pisa, presidente nazionale dei grossisti – che prima possibile il governo si pronunci sulla realtà dei mercati all’ingrosso, effettuando una sintesi fra i vari soggetti istituzionali coinvolti, poiché attraverso queste piattaforme logistiche si può fare molto per lo sviluppo dell’export, per la valorizzazione del Made in Italy, per la distribuzione del fresco ai consumatori finali o ancora per la riqualificazione urbana nelle aeree metropolitane”. Sarà così? Abbiamo sentito con le nostre orecchie il ministro Martina assicurare che il Piano mercati si farà. Abbiamo sentito con le nostre orecchie Luca Bianchi, l’alter ego del ministro, assicurare che nei prossimi tavoli ministeriali i mercati all’ingrosso (enti gestori e grossisti) saranno coinvolti a tutti i livelli. Sarà così?

 

Dal Corriere Ortofrutticolo

 

Editor review

Summary

I TEMPI SONO MATURI. E IL PASSAGGIO DALL'ORARIO NOTTURNO A QUELLO DIURNO E' INELUDIBILE PER VALORIZZARE LE AZIENDE CHE OPERANO ALL'INGROSSO , RESTITUENDO LORO QUELLA CENTRALITA' OGGI PERSA.